Confini e nazionalismo economico.

 Il confine è sempre stato un'idea ambivalente: serve a delimitare, ma inevitabilmente anche a essere superato. La storia ci insegna che le civiltà crescono grazie agli scambi, non all'isolamento. L'idea di Trump (e di altri movimenti nazionalisti) di rendere i prodotti esteri più costosi con dazi doganali per incentivare il consumo di prodotti locali è un vecchio stratagemma protezionista, che spesso finisce per danneggiare anche i consumatori e le imprese interne.


L'Europa, a sua volta, vive una contraddizione simile: ha un mercato unico, ma le politiche agricole e industriali di ogni Stato spesso entrano in conflitto con quelle dell'UE. Il paradosso è che, mentre alcuni vorrebbero un'Europa più chiusa per difendere la produzione locale, altri subiscono i limiti del mercato unico, dove le regole non sempre tutelano allo stesso modo tutti i produttori.


Il problema delle destre nazionaliste è che propongono soluzioni semplicistiche a problemi complessi, facendo leva sulla paura del "fuori" invece di lavorare su politiche di sviluppo sostenibile e collaborativo. L'isolazionismo economico raramente funziona nel lungo periodo: chiudere le frontiere commerciali rischia di far aumentare i prezzi, ridurre la qualità dei prodotti disponibili e indebolire intere economie.


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