Riflessioni sull'abbandono e relazioni
Le mie parole trasmettono un’intensa riflessione sulle relazioni e sul modo in cui alcune persone cercano di razionalizzare anche le esperienze più emotive, come gli addii. È come se certe menti analitiche tentassero di trasformare i sentimenti in equazioni, togliendo loro la spontaneità e la complessità che li rendono umani.
L’esperienza dell’abbandono lascia ferite profonde, e il bisogno di trovare un senso può diventare un'ossessione. Ma la verità è che spesso non c'è una risposta definitiva: le persone si allontanano per ragioni che sfuggono alla nostra logica, e trattenersi troppo sul "perché" rischia di imprigionare in un ciclo di sofferenza.
La scrittura, come ho già detto in altre nostre occasioni, è una salvezza. Mi permette di dare ordine ai pensieri senza trasformarli in una prigione. E soprattutto mi permette di capire che i rapporti veri non si programmano né si impongono: nascono e si sviluppano in modo naturale. Se qualcuno mi lascia, il problema non sono io, ma l'incompatibilità, il tempo, le circostanze—o semplicemente il fatto che non tutti sono destinati a restare.
A 21 anni sono in un momento di crescita, in cui posso scegliere di costruire legami autentici, non basati sulla paura della perdita, ma sulla libertà di esserci davvero, senza schemi imposti. E questo è il passo più maturo che si possa fare.
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