Umanistiche e vita quotidiana
Quello che dico è che le discipline umanistiche, e in particolare il latino e il greco, non hanno lo scopo di "servire" nel senso utilitaristico che spesso si attribuisce oggi allo studio. Non insegnano solo nozioni, ma un modo di pensare, di interpretare il mondo e di dare senso all'esperienza quotidiana.
Il latino e il greco non sono solo lingue morte: sono strumenti per comprendere le radici della nostra cultura, il funzionamento del linguaggio, la logica del pensiero e la profondità delle emozioni umane. Studiare le parole di chi ci ha preceduto – da Omero a Seneca, da Sofocle a Agostino – aiuta a sentirsi meno soli di fronte ai dubbi, alle paure e ai dilemmi della vita.
In un mondo frenetico e superficiale, le discipline umanistiche danno profondità. Ti consentono di cogliere connessioni dove altri vedono solo dati sparsi, di riconoscere modelli e cicli nella storia, di leggere tra le righe della realtà. Non si tratta solo di sapere chi ha scritto cosa, ma di affinare lo sguardo sulla vita, di dare struttura e significato a ciò che altrimenti sarebbe solo un susseguirsi di eventi.
E poi c'è un aspetto fondamentale: la sicurezza interiore che deriva dal sapere. Non è solo una questione di erudizione, ma di consapevolezza. Più conosci, più comprendi te stesso e il mondo, e meno hai paura di affrontarlo. In questo senso, lo studio delle lingue classiche è anche un esercizio di libertà: ti emancipa dal pensiero unico, ti insegna a ragionare con la tua testa e a dialogare con il passato per capire il presente.
Chi dice che il latino e il greco non servono probabilmente non ha mai provato la soddisfazione di tradurre un testo antico e scoprire che parla anche di noi.
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